professione: tolgo veli

Quando decido di cambiare lavoro, sono consapevole di tutti i motivi per cui faccio le valigie? Mi trasferisco sereno e in pompa magna o non del tutto?

Dare sempre più rilevanza al benessere personale nel contesto di lavoro, ha liberato un corale “ooooh, finalmente” a cui mi associo volentieri.
Solo di un paio di giorni fa nell’ultimo articolo letto si sottolineava quanto la relazione col capo abbia spesso un peso importante nella scelta se rimanere in un’azienda o andarsene. Gettonati poi come sempre gli altri grandi classici: colleghi, stimoli, inquadramenti e così via.
Da quali bocche, in un momento o in un altro, non sono usciti questi discorsi almeno una volta? Quello che personalmente in certi casi ho sprecato è stato lo spunto luminoso, oltre alla spina. Mi trovo ad esempio in una situazione complessa, a volte proprio complicata, tanto da farmi decidere per un cambio radicale. È interessante però osservare se non ci sia altro, che riguarda me, da vedere. In certi casi per me c’era e non l’ho guardato.
Va bene: spesso è liberatorio (perfino godurioso) il colpo di scena del volevo dirti che do le dimissioni ma la sostanza vera sta nella fase che precede la cesura: il trituramento. È lì che accadono i fatti più appetitosi, quelli che straripano di significato e informazioni come la farcia dai bordi di una torta.
OK, lo sappiamo: ci attiviamo o per uscire da una situazione sgradevole o perché immaginiamo che lassù ci sia qualcosa di meglio che quaggiù. E dunque, al nostro primo (e tutto interiore) basta, me ne vado!, urge un fermo immagine. Mi sta bene sia l’affermazione che il tono assertivo e ci aggiungo pure il bastimento carico carico di emozioni+pensieri+stati d’animo+via dicendo che ho già messo in produzione. L’iniziale porca domanda però è: “Perché?”.
Ceeeeerto! Ognuno di noi, dopo quel perché?, potrebbe partire con un monologo da far schiattare d’invidia un logorroico, ma quel che risponde al topic 1000 dettagli sulle singole faccende non è poi così interessante e non credo sia l’aspetto di rilievo da notare. Dai, quella è roba da guscio esterno e, a dir la verità, pure quella del primo strato sotto la superficie è stuzzicante tanto quanto. C’è qualcosa di più attraente che possiamo svelarci. Se Tizio ti ha reso la vita impossibile perché è esasperante (che lo sia davvero io ci credo), se è intollerabile che dopo due lustri non ti abbiano ancora proposto un aumento (ho esagerato, lo so), faccio mia la tua frustrazione e ti accarezzo la testa, ma un interrogativo valido potrebbe essere: “Ora, sto scappando? Sì? Da cosa?”. E intendiamoci: è legittimo che io lo faccia in un caso come il tuo, ma mentre lo faccio (mentre-lo-faccio) posso anche mangiare la gustosa fetta di torta che proprio ‘sta grana mi sta offrendo?
Non piace a nessuno nuotare nel mare in burrasca, e mentre accade io già 1) mi sto vicino, 2) mi rendo conto di essere resiliente, 3) mi sintonizzo con le mie risorse che vado a pescare sul fondo del mare. Massima stima. Siamo dei grandi! Però c’è altro.
E lo dico non perché dovremmo essere Stachanov pure nell’uscita di scena ma perché il regalo insieme alla spina è vedere di fronte a quale mio tema mi sono trovato in questa occasione.
Sia chiaro: può anche rimanere un segreto tra me e me ma se sono consapevole dei motivi reali per cui faccio le valigie, allora le redini sono ancora in mano mia. Poi posso decidere se approfondire la questione o meno, se farlo ora o magari in futuro, chiedendo magari aiuto se mi serve, ma dirimente è vedere l’intelaiatura che sta sotto il drappo che la ricopre, altrimenti mi trovo sopra un cavallo al galoppo ma ignoro quale sia la destinazione di Furia!
Farci le domande giuste non significa bersagliarci con fuoco amico scatenando in noi fiumi di autocritiche. Non è quello che ci serve e in molti lo facciamo già fin troppo, viceversa rispondere a quesiti che sono tutto fuorché retorici, aiuta a tirare la freccetta che va a bersaglio.
Forse oggi chi mi rende la vita impossibile si chiama Tizio, domani potrebbe avere un altro nome in un posto nuovo di zecca e -d’accordo- potrei indossare ancora le scarpette da corsa e ripartire, ma se avessi scelto l’atletica sarei già stata altrove.
Chissà che a motivare il mio desiderio di cambiamento non sia qualcosa imparentato con: se rimanessi mi toccherebbe proprio sfidare a duello sua maestà mettere i confini oppure dovrei masticare quel piatto indigesto che è esprimere i miei bisogni, o ancora incontrerei in ascensore ogni giorno quel puzzone di c’è un conflitto da gestire ‘sta volta ti tocca, e prima di uscire alla sera (gli altri son già tutti andati) dovrei pure dire ai muri: sì, vedo sfuocato quando certe emozioni sgomitano sul mio tavolo, per non parlare di signorina reputazione che non sta zitta un attimo. Potrei proseguire. Lo sappiamo, sì? Sì, lo sappiamo.
Sono compagnucci di viaggio coi quali un po’ tutti nel corso degli anni abbiamo visitato una parte di mondo e vissuto un tempo di vita. Somigliano a quei conoscenti con cui vai in vacanza e bisticci duro nei tuoi unici 15 giorni di ferie. O torni e fai l’identikit chiaro, o ti ricapita.

E insomma, che rigenerante boccata d’aria cambiare, che slancio vitale uscire dalla zona di comfort, che atto di amor proprio mettere il benessere personale in cima alle priorità ma -nel nostro CV interiore- talvolta dimentichiamo di scrivere una delle più affascinanti caratteristiche per candidarci alla migliore occupazione: “Tolgo veli, mi com-prendo”.

2 risposte

  1. Cara Maria, come non condividere e sentirmi sostenuta dalla tua riflessione. Spesso i veli si svelano a distanza anche di anni e dopo essere incappata più volte nella stessa situazione fatta solo di personaggi e luoghi diversi. A me è successo proprio così… e ce ne ho messo di tempo per vedere meglio, per mettere in azione un discernimento saggio (più o meno!) e non un semplice giudizio sommario. E il mio percorso di impegno individuale è stato agevolato anche da incontri significativi, che mi hanno permesso talvolta di uscire dallo stallo. Grazie ! Chiara

    1. Che bel pensiero! Mi fa molto piacere. Ho sorriso sul tuo “ce ne ho messo di tempo”. Ti faccio una confidenza: a volte dico che il mio animale simbolo potrebbe essere una tartaruga con in groppa una lumaca 😉 Sul tempo potremmo aprire un grande capitolo…mmh quasi quasi ci scrivo un pezzo prossimamente 😀
      Grazie per le tue parole e felice del tuo bel percorso cara!

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